Il mercato dell’M&A (Merger and Acquisition, cioè fusione ed acquisizione) ovvero il mercato in cui si “compravendono” le aziende, ha registrato in Italia negli ultimi anni un trend positivo dopo anni di performance negativa nel periodo 2008-2013 (nonostante una leggera contrazione nel 2017).
Il volume complessivo di 43 miliardi registrato nel 2017 è sicuramente un buon dato, ma ancora lontano dalla media di circa 120 miliardi del triennio 2005-2007.
Cerchiamo, in prima istanza, di inquadrare il fenomeno sia a livello globale sia con riferimento all’economia italiana:
Riportiamo alcuni dati del mercato nazionale nel 2017:
Transazioni: | circa 800 transazioni per circa 43 miliardi |
2016 vs. 2017: | numero di transazioni in linea con il 2016 ma una riduzione dei volumi (58 miliardi nel 2016) |
Italia vs. mondo: | 31% Italia su Italia, 22% Italia su estero, 47% estero su Italia |
Grandi transazioni: | 7 operazioni superiori a 1 miliardo |
Quotazioni: | numero in crescita, 32 collocamenti rispetto ai 16 del 2016 |
Con riferimento al numero di operazioni, il 2017 ha fatto registrare:
Analizzando le operazioni estero-su-Italia, considerando il periodo 2009-2017, la nazionalità delle imprese acquirenti vede al primo posto gli Stati Uniti d’America e al secondo posto la Francia e l’ingresso di paesi come la Russia e la Cina, con la Gran Bretagna che, rispetto al periodo precedente, scende dal terzo al quarto posto.
Per quanto riguarda i settori industriali, sempre con riferimento al 2017, il comparto che ha registrato il maggior numero di investimenti è stato quello dei Financial Services (35% del totale). In questo segmento, spiccano le operazioni Amundi – Pioneer e Anima – Aletti Gestielle. Al secondo posto si è consolidato quello Industriale (18%), mentre al terzo posto troviamo quello delle Infrastrutture & Servizi di Supporto (17%).
Guardando al 2018, l’apertura dell’anno è stata molto positiva, con circa 10 miliardi di operazioni chiuse nel corso del primo trimestre; le aspettativea fine anno sono per un ammontare complessivo di circa 70 miliardi. Inoltre, si osserva un forte interesse degli investitori internazionali per le infrastrutture, sia fisiche sia tecnologiche, a conferma che, almeno per il momento ed in attesa che si abbia un quadro politico più chiaro, la view sul Paese rimane positiva.
Un tema di grande rilevanza su cui gli imprenditori sono chiamati a riflettere è la cosiddetta “convergenza tra settori industriali”: si pensi al comparto delle costruzioni e l’energia, il retail e il settore tecnologico, la salute e life sciences. Se in prima istanza questa tendenza di mercato crea preoccupazione, un’analisi accurata e “creativa” può certamente offrire interessanti opportunità di sviluppo.
Ovviamente, le aspettative positive dovranno essere poi confermati dai fatti che saranno condizionati:
Certamente, alcuni megatrends porteranno importanti mutazioni in alcuni settori industriali per cui è necessari essere preparati per garantire il successo delle imprese.
Per le PMI, la tendenza a sviluppare nuovi prodotti a supporto della crescita dovrebbe continuare. Il successo dei PIR che hanno ormai raggiunto circa 11 miliardi rispetto all’aspettativa del Governo per il primo anno di circa 2/2,5 miliardi, dovrebbe favorire la patrimonializzazione di queste aziende e favorirne la crescita. Le PMI potranno inoltre beneficiare del fatto che gli investitori, domestici ed internazionali, hanno iniziato ad analizzare opportunità di investimenti fuori dai settori “tradizionali”, cioè fashion e food.
Il ricorso a professionisti che supportino l’imprenditore nel “cambiamento” e lo aiutino a valorizzare la propria azienda e ricercare opportunità di mercato diventa un tema sempre più rilevante.
Fabrizio Bonelli
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Fonti: KPMG, Fineurop Soditic, IMF, Reuters, ECB, BoI
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