Nell'esperienza e per la dottrina internazionale il finanziamento di una start-up è legato alla fase di sviluppo in cui si trova l’impresa. Nelle fasi iniziali il grado di rischio è molto elevato per poi diminuire in modo rilevante nelle fasi successive, infatti la maggior parte delle start-up non riesce a superare la “death-valley”: il periodo in cui l’idea deve diventare un prodotto e il prodotto deve incontrare il mercato (ed, inevitabilmente, sostengono i costi con pochi (o nessuno) ricavi).
E’ pertanto evidente che soprattutto nella fase di early stage in cui il rischio di insuccesso è elevatissimo, il ricorso al debito bancario è perlomeno “difficile da ottenere”.
Da una analisi delle fonti MISE emerge che nei primi 9 mesi del 2017 le banche hanno concesso finanziamenti a start-up innovative[i] per 176 milioni, mentre il dato calcolato dall'agenzia AGI rileva che le start-up hanno raccolto investimenti in capitale di rischio per soli 93,8 milioni di euro. Sebbene il dato AGI non debba considerarsi esaustivo, il fatto che i finanziamenti bancari siano il doppio degli investimenti evidenzia una tendenza da osservare.
Il motivo per cui le start-up innovative raccolgono più finanziamenti che capitale di rischio è dovuto al fatto che il “Decreto Crescita 2.0” n. 179/2012 ha previsto in favore delle startup innovative l’accesso semplificato, gratuito e diretto al Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese (FGPMI), un fondo governativo che facilita l’accesso al credito attraverso la concessione di garanzie sui prestiti bancari.
La garanzia pubblica è pari all’80% del finanziamento e consente ad una banca di finanziare fasi rischiose della vita di una start-up a tassi ragionevoli con la tranquillità di poter escutere presso il FGPMI le eventuali insolvenze. Possiamo semplicisticamente dire che, con la garanzia dell’80%, se solo 2 aziende su 10 “resistono” la banca non perderà nulla.
Quindi la combinazione banca/Garanzia pubblica sembra essere, di fatto, il motore di tante piccole start-up innovative.
Anche il dato sulle insolvenze è interessante, solo l’1,5% dei finanziamentia start-up innovative garantiti dal Fondo di Garanzia (1,4% in termini di importo) hanno comportato una escussione del fondo. Un dato molto migliore di quello complessivo delle aziende con meno di 3 anni di vita dove l’incidenza delle sofferenze è pari al 7,9%.
Leggendo il rapporto MISE sull’utilizzo del Fondo di Garanzia da parte delle start-up innovative si scopre che anche se il 64% dei finanziamenti è stato erogato dai 5 maggiori gruppi bancari, ben il 17,5% è stato erogato da banche minori, tendenzialmente espressione del credito Cooperativo.
In sintesi abbiamo una dottrina finanziaria internazionale che vede la banca come soggetto finanziatore della sola fase di espansione di una start-up ed un caso italiano in cui le start-up innovative italiane raccolgono più debito che capitale. Proviamo ad individuare vantaggi e svantaggi di questa anomalia:
A prescindere dalle considerazioni di dettaglio, la via bancaria al finanziamento delle start-up innovative è una realtà di fatto che gli innovatori non possono tralasciare.
Massimiliano Tonarini
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[i] Le startup innovative sono società di capitale, costituite anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, e che sono in possesso dei seguenti requisiti: (i) sono nuove o comunque sono state costituite da meno di 5 anni; (ii) hanno sede principale in Italia, o in altro Paese membro dell’Unione Europea o in Stati aderenti all'accordo sullo spazio economico europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia; (iii) presentano un fatturato annuo inferiore a 5 milioni di euro; (iv) non distribuiscono e non hanno distribuito utili; (v) hanno come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico; (vi) non sono costituite da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda; (vii) infine, il contenuto innovativo dell’impresa è identificato con il possesso di almeno uno dei tre seguenti criteri: 1. almeno il 15% del maggiore tra fatturato e costi annui è ascrivibile ad attività di ricerca e sviluppo; 2. la forza lavoro complessiva è costituita per almeno 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori, oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale; 3. l’impresa è titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato (privativa industriale) oppure titolare di programma per elaboratore originario registrato.
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