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Per quale motivo le aziende vanno in crisi?

30 Aprile 2019

Le crisi d’impresa non sono tutte uguali: ma la differenza sta anche nel modo in cui vengono gestite. Proviamo a capire gli errori tipici che possono condurre un’azienda alle soglie del fallimento.

Arriva all’improvviso, può essere passeggera o portare alla chiusura: non c’è una definizione unanime di crisi di impresa, ma una cosa è certa: è difficile trovare un’azienda che non ne abbia mai attraversata una. La differenza consiste nel modo in cui è stata gestita. Ma andiamo con ordine, e proviamo a capire perché si arriva alla crisi di impresa.

I 4 stadi della crisi aziendale

Secondo gli studi di Guatri (1995) sono quattro gli stadi tipici della crisi aziendale: incubazione, maturazione, ripercussioni sui flussi finanziari, conseguenze per i terzi.

La possibilità di insolvenza può cominciare a manifestarsi già nei primi due: semplicemente, dall’esterno non si vede, perché l’azienda adempie alle proprie obbligazioni.

Neanche gli indicatori economico-finanziari riescono a essere d’aiuto: il peggioramento registrato può essere temporaneo e non destare allarme. In altri casi, invece, si tratta dei primi sintomi di un problema serio, e c’èbisogno di una correzione di rotta.

Ma perché un’azienda va in crisi?

La dottrina ha individuato una serie di cause scatenanti la crisi d’impresa. Le cause si possono suddividere in esogene ed endogene. Vediamole.

Fra le cause esogene troviamo

  • il calo della domanda di mercato
  • un cambiamento tecnologico repentino (sempre più frequente negli ultimi anni)
  • l’arrivo nel mercato di attori con vantaggi competitivi importanti

Le cause endogene sono spesso da imputare a ragioni:

  • strategiche: errori del management nella definizione del mercato o del prodotto
  • competitive: incapacità dell’impresa di stare al pari dei competitors per ragioni di costo dei fattori produttivi, dimensione dell’azienda, marketing, mancanza di innovazione;
  • di inefficienza produttiva o organizzativa;
  • dimensionali: rigidità a fronte di una capacità produttiva maggiore di quella richiesta dal mercato;
  • finanziarie: di solito da imputare ad una struttura finanziaria errata (prevalenza dei debiti a breve termine rispetto ai debiti a medio/lungo termine o finanziamento degli investimenti con mezzi a breve), incapacità di gestire correttamente il circolante commerciale (incasso clienti, gestione scorte, trattare dilazioni di pagamento con fornitori).

Ma perché un’impresa arriva alle soglie dell’insolvenza?

In aggiunta a quanto detto, l’esperienza di consulenza aziendale di PMI Tutoringciha portatoad individuare tre situazioni comuni nelle PMI familiari italiane che si trovano sulla soglia del default.

  • In primo luogo, la mancata sensibilità dell’imprenditore (e spesso anche di chi lo circonda) ad una cultura del controllo dei risultati. Una mentalità che si può sintetizzare nella frase “L’importante è fatturare e poi pensiamo al resto”
  • Un irragionevole ottimismo dell’imprenditore in crisi, che vede sempre la soluzione ad un passo. Frasi tipiche possono essere: “Fra poco prendiamo questo ordine e sistemiamo tutto” oppure “Venduto l’immobile risolviamo i nostri problemi” o ancora “Se le banche ci dessero ancora un po’ di fiducia risolveremo tutti i nostri problemi”.
  • Una qualità delle relazioni professionali (all’interno della famiglia, con i consulenti esterni, con i partners e i collaboratori) che incide negativamente sulle decisioni da prendere. Purtroppo si tratta di un tema estremamente sottovalutato. Non è facile da ammettere, ma l’imprenditore che affronta uno stadio avanzato di crisi è spesso circondato da yes-men: in questa situazione, il collaboratore o il consulente che cerca di lanciare un’allerta viene emarginato o, nel migliore dei casi, considerato un disfattista.

In realtà, questo ottimismo porta a non affrontare seriamente i problemi veri: ad esempio, la mancanza di marginalità e l’incapacità dell’azienda di generare cassa

In tutti questi casi, il rapporto con la banca può essere di aiuto a prevedere la probabilità di insolvenza per tempo. Una banca che non eroga credito a un’impresa oppure un consulente che consiglia all’imprenditore di non indebitarsi ulteriormente sono segnali da considerare seriamente: qualcuno potrebbe intuire quello che l’imprenditore non vede ancora (o non vuole vedere).

PMI Tutoring è al tuo fianco anche nell’affrontare la crisi di impresa. Registrati al nostro portale per ricevere l’aiuto di un tutor, o scrivici ai recapiti che trovi nella sezione contatti.

Arriva all’improvviso, può essere passeggera o portare alla chiusura: non c’è una definizione unanime di crisi di impresa, ma una cosa è certa: è difficile trovare un’azienda che non ne abbia mai attraversata una. La differenza consiste nel modo in cui è stata gestita. Ma andiamo con ordine, e proviamo a capire perché si arriva alla crisi di impresa.

I 4 stadi della crisi aziendale

Secondo gli studi di Guatri (1995) sono quattro gli stadi tipici della crisi aziendale: incubazione, maturazione, ripercussioni sui flussi finanziari, conseguenze per i terzi.

La possibilità di insolvenza può cominciare a manifestarsi già nei primi due: semplicemente, dall’esterno non si vede, perché l’azienda adempie alle proprie obbligazioni.

Neanche gli indicatori economico-finanziari riescono a essere d’aiuto: il peggioramento registrato può essere temporaneo e non destare allarme. In altri casi, invece, si tratta dei primi sintomi di un problema serio, e c’èbisogno di una correzione di rotta.

Ma perché un’azienda va in crisi?

La dottrina ha individuato una serie di cause scatenanti la crisi d’impresa. Le cause si possono suddividere in esogene ed endogene. Vediamole.

Fra le cause esogene troviamo

  • il calo della domanda di mercato
  • un cambiamento tecnologico repentino (sempre più frequente negli ultimi anni)
  • l’arrivo nel mercato di attori con vantaggi competitivi importanti

Le cause endogene sono spesso da imputare a ragioni:

  • strategiche: errori del management nella definizione del mercato o del prodotto
  • competitive: incapacità dell’impresa di stare al pari dei competitors per ragioni di costo dei fattori produttivi, dimensione dell’azienda, marketing, mancanza di innovazione;
  • di inefficienza produttiva o organizzativa;
  • dimensionali: rigidità a fronte di una capacità produttiva maggiore di quella richiesta dal mercato;
  • finanziarie: di solito da imputare ad una struttura finanziaria errata (prevalenza dei debiti a breve termine rispetto ai debiti a medio/lungo termine o finanziamento degli investimenti con mezzi a breve), incapacità di gestire correttamente il circolante commerciale (incasso clienti, gestione scorte, trattare dilazioni di pagamento con fornitori).

Ma perché un’impresa arriva alle soglie dell’insolvenza?

In aggiunta a quanto detto, l’esperienza di consulenza aziendale di PMI Tutoringciha portatoad individuare tre situazioni comuni nelle PMI familiari italiane che si trovano sulla soglia del default.

  • In primo luogo, la mancata sensibilità dell’imprenditore (e spesso anche di chi lo circonda) ad una cultura del controllo dei risultati. Una mentalità che si può sintetizzare nella frase “L’importante è fatturare e poi pensiamo al resto”
  • Un irragionevole ottimismo dell’imprenditore in crisi, che vede sempre la soluzione ad un passo. Frasi tipiche possono essere: “Fra poco prendiamo questo ordine e sistemiamo tutto” oppure “Venduto l’immobile risolviamo i nostri problemi” o ancora “Se le banche ci dessero ancora un po’ di fiducia risolveremo tutti i nostri problemi”.
  • Una qualità delle relazioni professionali (all’interno della famiglia, con i consulenti esterni, con i partners e i collaboratori) che incide negativamente sulle decisioni da prendere. Purtroppo si tratta di un tema estremamente sottovalutato. Non è facile da ammettere, ma l’imprenditore che affronta uno stadio avanzato di crisi è spesso circondato da yes-men: in questa situazione, il collaboratore o il consulente che cerca di lanciare un’allerta viene emarginato o, nel migliore dei casi, considerato un disfattista.

In realtà, questo ottimismo porta a non affrontare seriamente i problemi veri: ad esempio, la mancanza di marginalità e l’incapacità dell’azienda di generare cassa

In tutti questi casi, il rapporto con la banca può essere di aiuto a prevedere la probabilità di insolvenza per tempo. Una banca che non eroga credito a un’impresa oppure un consulente che consiglia all’imprenditore di non indebitarsi ulteriormente sono segnali da considerare seriamente: qualcuno potrebbe intuire quello che l’imprenditore non vede ancora (o non vuole vedere).

PMI Tutoring è al tuo fianco anche nell’affrontare la crisi di impresa. Registrati al nostro portale per ricevere l’aiuto di un tutor, o scrivici ai recapiti che trovi nella sezione contatti.

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